Testimonianza orale e scritta: assenza, falsa testimonianza, impossibilità per motivi di lavoro o malattia, citazione, escussione e intimazione del testimone
Una delle prove cardine del processo civile è quella testimoniale: i testimoni (o testi, come spesso vengono chiamati in gergo forense) sono soggetti estranei alla causa, chiamati dal giudice (su istanza delle parti) a dichiarare i fatti di cui direttamente a conoscenza, ossia
– a cui hanno assistito in prima persona (per es.: “Ho visto Tizio cadere in una buca sul marciapiedi”);
– o che conoscono personalmente per ragioni, ad esempio, legate al proprio mestiere (per es.: “Se il termometro segna 39 gradi centigradi vuol dire che il paziente ha la febbre”).
Ecco perché la testimonianza che abbia ad oggetto fatti riportati perché sentiti dire da altri soggetti non ha valore (cosiddetta “testimonianza de relato” o indiretta): per es. “So che Tizio è caduto in una buca sul marciapiedi perché me lo ha riferito Caio”.
Tuttavia, proprio per la facilità con cui la prova testimoniale può essere alterata (decorso del tempo che rende più vaghi i ricordi, rapporti del testimone con le parti, timore di ritorsione o semplice stato emozionale davanti al magistrato), la legge dispone che il giudice valuti la prova testimoniale secondo il proprio “prudente apprezzamento”: in pratica il giudice potrà accordare la massima credibilità ad un teste e, nello stesso tempo, negarla a quello di controparte, dandone comunque adeguata motivazione in sentenza.
A testimoniare possono essere anche i parenti delle parti (il coniuge, i genitori, ecc.), ma giammai le parti stesse (le quali, tutt’al più, possono fare un giuramento o una confessione, che sono altri generi di prove, non oggetto di questo articolo).
La prova testimoniale viene assunta mediante audizione orale del testimone effettuata di norma davanti al giudice (anche se, nella prassi, capita spesso che il testimone venga ascoltato in disparte solo dagli avvocati): in entrambi i casi, le sue dichiarazioni vengono trascritte nel verbale (ad opera del cancelliere o degli stessi avvocati, come ormai succede in quasi tutti i tribunali). In alcuni casi eccezionali (che vedremo a breve) la prova testimoniale può essere assunta anche per iscritto. Il testimone ha l’obbligo giuridico di presentarsi in tribunale per rendere le dichiarazioni. Se lavoratore dipendente, gli spetta il permesso retribuito. Alla luce di questi generali principi ecco una breve scheda di come funziona la prova testimoniale e l’escussione in causa dei testimoni all’interno del processo civile.
A che serve la prova testimoniale
Nel processo civile, per regola generale, chi afferma un fatto o un diritto ne deve anche dimostrare l’esistenza. Ha cioè quello che si suole chiamare “onere della prova” cioè deve dimostrare i fatti a fondamento della pretesa. Ebbene, la prova testimoniale è uno dei mezzi di prova (affiancandosi così alle altre del processo civile, come la prova documentale, il giuramento, la confessione).
Che valore ha la prova testimoniale?
Anche se la legge non lo dice espressamente, esiste una sorta di gerarchia tra le prove del processo civile, dove alcune assumono un peso superiore rispetto ad altre. Innanzitutto vi sono le cosiddette prove legali, che non ammettono la prova contraria.
Così per esempio, la confessione o il giuramento. Il giudice è invece vincolato alla particolare efficacia probatoria riconosciuta dalla legge a tali mezzi di prova; egli non può compiere alcuna valutazione sulla loro efficacia: deve prenderne atto, senza possibilità di dubitare della loro effettiva rispondenza a verità.
Vi sono poi le prove che non possono essere contestate se non con un particolare e più oneroso procedimento: si tratta degli atti pubblici, che fanno piena prova se nessuno avvia il procedimento di “querela di falso”, volto appunto a dimostrarne la falsità. Dunque, il giudice, nel momento in cui, per esempio, viene depositato un atto notarile deve attribuire massimo valore a tale documento; una semplice prova testimoniale non può scalfirne l’efficacia. Seguono le scritture private (i contratti in carta semplice, tanto per intenderci) che hanno valore nel processo salvo che la parte firmataria non disconosca la propria sottoscrizione. Infine ci sono le prove testimoniali che vengono valutate dal giudice secondo il proprio prudente apprezzamento.
Chi può testimoniare
In generale chi non è parte del processo può rendere la propria testimonianza. Non possono quindi essere chiamate a testimoniare le persone che hanno nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione alla causa (si pensi al soggetto coinvolto in un incidente con tre auto, nella lite insorta tra due di essi).
L’avvocato può testimoniare?
Secondo la cassazione l’avvocato:
– non può testimoniare nel processo in cui esercita il ministero di avvocato;
– può testimoniare in un processo civile, in una fase in cui non svolge ancora il ruolo di difensore costituito, assumendo le vesti di difensore dopo la testimonianza resa;
– cessata tale sua qualità può diventare testimone nel processo.
Il coniuge può testimoniare?
Il coniuge di una parte in comunione legale dei beni può di norma testimoniare. Non può farlo però se la causa riguarda i beni della comunione (per es. la casa in comproprietà). Allo stesso modo possono testimoniare i parenti e affini in linea retta di una parte.
Facoltà di astenersi
Alcune categorie di professionisti hanno il diritto di astenersi dal testimoniare su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, e di avvalersi del segreto professionale, d’ufficio o di Stato. In particolare:
– i giornalisti professionisti iscritti nell’albo professionale, possono astenersi relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della loro professione;
– i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati, gli incaricati di un pubblico servizio su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio o fatti coperti dal segreto di Stato;
– gli assistenti sociali iscritti all’albo professionale in relazione a quanto abbiano conosciuto per ragione della loro professione.
Un testimone può provare l’esistenza di un contratto?
La prova per testimoni avente ad oggetto dei contratti è ammessa solo se il giudice lo ritiene necessario per la soluzione della causa, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza. Il giudice istruttore può dunque ammettere la prova testimoniale esercitando un suo ampio potere discrezionale. Ad esempio, se per prassi un contratto si stipula oralmente (come i contratti conclusi per telefono) il giudice può ammettere la prova testimoniale. La legge prevede che la prova testimoniale sia sempre ammessa per contratti di valore inferiore a 2,58 euro: tale somma non costituisce più un criterio di distinzione. Tuttavia, per l’ammissibilità di detta prova, occorre sempre valutare l’importanza economica del contratto: la legge infatti intende escludere la prova orale delle obbligazioni di notevole valore economico, che vengono di solito documentate con atto scritto e in ordine alle quali la genuinità dei testi potrebbe essere compromessa dall’entità degli interessi in discussione.
Un testimone può provare un pagamento o una remissione di debito?
È possibile provare per testimoni un pagamento o una remissione di un debito che abbiano un valore superiore a € 2,58 solo se il giudice lo ritiene necessario per la soluzione della causa, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza.
Un testimone può provare patti aggiunti o contrari a un documento?
Il giudice può ammettere la testimonianza per provare l’esistenza di patti aggiunti o contrari successivi alla formazione di un documento solo se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e ad ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali. I patti aggiunti o contrari stipulati posteriormente al documento sono solo quelli che apportano alle clausole contrattuali aggiunte o modifiche volte a regolare diversamente particolari aspetti del rapporto tra le parti. Non è un patto aggiunto l’accordo volto ad estinguere il contratto.
La prova per testimoni non è ammessa se ha ad oggetto accordi verbali aggiunti o contrari al contenuto di un documento per i quali si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contemporanea alla stipula del contratto. È infatti inverosimile che tali patti non siano stati inseriti nel contratto stesso. Ad esempio non si ammette la prova testimoniale per provare che la revoca della proposta di contratto è intervenuta prima dell’accettazione, quando la proposta e l’accettazione risultino entrambe da atto scritto. La prova per testimoni è sempre ammessa quando vi è un qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato (cosiddetto principio di prova per iscritto). In questo caso, la testimonianza ha la funzione di consolidare la prova di un fatto che il documento proveniente dalla controparte non è idoneo a dimostrare pienamente o direttamente.
Che succede se una parte è impossibilitata a procurarsi una prova scritta?
La prova per testimoni è sempre ammessa quando la parte non ha potuto procurarsi una prova scritta. L’impossibilità può essere morale o materiale. L’impossibilità morale si verifica ogni volta che la parte si trovi in una condizione di soggezione tale nei confronti della persona che dovrebbe rilasciare il documento, da impedirgli di procurarsi lo scritto. L’impossibilità materiale si verifica, invece, quando il documento è andato smarrito o distrutto. Ad esempio, la perdita incolpevole da parte di un terzo pienamente affidabile, cui sia stato consegnato per ragioni apprezzabili come un legale, un notaio o un mediatore.
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