Proprietario responsabile in prima istanza. A carico del possessore o sul custode temporaneo grava la presunzione legale di mancato o insufficiente controllo. Obbligo sugli enti locali per i cani randagi
Il proprietario di un animale o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso è responsabile dei danni cagionati, sia che si trovi sotto la sua custodia, sia che risulti smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito. Lo prevede l’articolo 2052 del Codice civile che pone a carico della persona o dell’ente che abbia la facoltà, o l’obbligo, di esercitare il potere di controllo una vera e propria presunzione di responsabilità.
L’obbligo di rendere l’animale in condizione di non arrecare danni alle persone o alle cose è dunque di volta in volta attribuito al proprietario, oppure a chi abbia temporaneamente la custodia dell’animale, oppure anche agli enti pubblici che devono garantire l’incolumità della collettività da fatti legati al randagismo.
In due recenti sentenze, questo principio è stato ribadito a chiare lettere con la condanna del custode dell’animale al risarcimento dei danni causati.
Il controllo dell’animale
Il tribunale di Trento (sentenza 465 del 2 maggio 2016, giudice Barbato) ha condannato il custode di un cane che aveva arrecato lesioni gravi ad una passante mordendole la mano durante una passeggiata in un centro abitato.
La colpa nel caso specifico è stata legata tanto al potere di governo e controllo sull’animale che espone sempre il custode a una responsabilità presunta (articolo 2052 del Codice civile), quanto per la violazione di generali norme di prudenza da parte del proprietario (per avere tenuto l’animale al guinzaglio lungo, circa tre o quattro metri e senza utilizzare la museruola).
Le responsabilità
La colpa per i danni causati da un animale può riguardare tanto le persone fisiche che ne abbiano il controllo, quanto enti e istituzioni che siano tenuti a garantire l’incolumità pubblica verso fatti legati alla circolazione di animali privi di proprietario.
La violazione di tali oneri di protezione sociale posti a carico dell’amministrazione pubblica è stato affermato dalla Corte di appello di Lecce (sentenza 435 del 28 aprile 2016, presidente Dell’Anna, estensore Palazzo) che ha condannato la Asl locale per non avere impedito che una muta di cani arrecasse danni patrimoniali a un allevatore di bovini, che erano stati aggrediti a più riprese dagli animali randagi.
La Corte rileva che sulla base della legislazione regionale, la vigilanza sui cani randagi era stata trasferita dai Comuni alle aziende sanitarie locali e che a queste ultime era rimesso quindi l’onere di provvedere al recupero e al trattamento igienico sanitario dei cani randagi.
Ai Comuni spetta invece l’onere di segnalare al servizio veterinario delle Asl la presenza di randagi e di predisporre canili e strutture ricettizie degli animali senza padrone.
Nel caso in esame, la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del tribunale che aveva condannato la sola Asl a risarcire all’allevatore il danno patrimoniale, sul presupposto che l’azienda sanitaria, pur allertata a più riprese dalla amministrazione comunale, non avesse svolto l’attività di recupero che le è demandata, intervenendo in seguito a numerosi eventi e con colpevole ritardo.
Danni a motoveicoli
Il principio di responsabilità legato, come detto all’articolo 2052 del Codice civile, è stato a più riprese confermato dalla giurisprudenza per la quale e in linea generale, la pubblica amministrazione è responsabile per i danni riconducibili all’omissione della attività di controllo e messa in sicurezza del territorio. Così ad esempio la Corte di Cassazione (sentenza 17528/2011) ha condannato un’amministrazione comunale per i danni subiti da un motociclista che erta stato sbalzato da sella per l’aggressione improvvisa subita proprio da parte di un cane randagio.