L’offerta di risarcimento avanzata dall’assicurazione non è ammissione del debito e, quindi, non costituisce prova nel processo.
Incidenti stradali ed R.C.Auto:
quando, nel corso di una trattativa stragiudiziale per il risarcimento del danno, l’assicurazione formula un’offerta di pagamento al danneggiato, a ristoro del danno subito, tale offerta non costituisce né una confessione di responsabilità, né un’ammissione di debito. Pertanto, nel caso in cui le parti non trovino un accordo e la questione sfoci in una causa, l’offerta non può essere portata, sul banco del giudice, come prova delle ragioni dell’assicurato. Lo ha chiarito la Cassazione in una recente sentenza particolarmente interessante.
In termini più tecnici, la Suprema Corte ha detto: “l’offerta dell’assicuratore per la responsabilità civile auto non ha portata cognitiva o ricognitiva di un fatto o di un rapporto preesistenti, quindi, non è una dichiarazione confessoria né di riconoscimento dell’importo del debito risarcitorio”.
La fase stragiudiziale di trattativa:
La trattativa con l’assicurazione per evitare la causa in tribunale è ormai composta da due fasi necessarie:
– la prima, prevista dal codice delle assicurazioni, stabilisce l’obbligo per la parte danneggiata di inviare una diffida alla compagnia con la richiesta di risarcimento; l’assicurazione ha 60 giorni di tempo, nel caso di danni a cose, oppure 90, nel caso di danni a persone, per rispondere e fare un’offerta;
– la seconda consiste nell’obbligo, prima di introdurre la causa in tribunale, di avviare la cosiddetta negoziazione assistita (che, peraltro, ha preso il posto del tentativo di mediazione originariamente previsto nel 2010 e poi dichiarato incostituzionale).
Entrambi questi due passaggi sono obbligati: chi voglia avviare il giudizio non può prescinderne.
Se ci sono danni a cose o a persone
Abbiamo detto che, in presenza di danni a cose (per es. le parti meccaniche dell’automobile), il termine concesso all’assicurazione per avanzare l’offerta di risarcimento è di 60 giorni, mentre, nel caso in cui vi siano danni a persone il termine sale a 90 giorni (più lungo per effettuare i relativi accertamenti sul danneggiato e valutarli attraverso un perito fiduciario). Ma che succede se, nello stesso sinistro, vi sono sia danni a cose che a persone? La tesi sostenuta da uno degli avvocati, all’interno del processo, è stata quella secondo cui l’assicurazione avrebbe un obbligo di formulare due distinte proposte: una relativa al danno alle cose (entro 60 giorni) e una al danno alla persona (entro 90). Insomma i termini si sdoppierebbero per le due poste di risarcimento. Di contrario avviso è la Cassazione, secondo cui la legge distingue solo due tipologie di ipotesi: – sinistri con solo danni alle cose, in cui l’offerta deve rientrare nei 60 giorni;
– sinistri con danni anche a persone, in cui l’offerta deve avvenire entro 90 giorni.
Ne consegue che nell’ipotesi in cui, nello stesso incidente, si siano determinati danni a cose e a persone, il termine per l’offerta resta quello più lungo.
L’offerta non è un’ammissione di responsabilità
Inoltre l’offerta dell’assicurazione non costituisce né un’ammissione di responsabilità da parte della compagnia, né un riconoscimento di debito. Per cui essa non ha valore vincolante nel successivo giudizio instaurato dal danneggiato che non abbia accettato l’offerta in sede stragiudiziale.
Tutt’al più quell’offerta potrebbe avere il valore di riconoscimento del diritto del danneggiato utile a interrompere la prescrizione.
Peraltro, l’offerta dell’assicuratore non è neppure una promessa di pagamento. In altri e più chiari termini, la proposta ha solo lo scopo di pervenire alla liquidazione stragiudiziale del danno e, quindi, ha funzione transattiva e nient’altro.
Dunque, il danneggiato, nella successiva causa, non può invocare alcuna inversione dell’onere della prova: ossia non può ritenere dimostrata la responsabilità dell’assicurazione per il solo fatto che questa abbia già avanzato un’offerta a saldo e stralcio prima di arrivare in causa.
La funzione dell’offerta non è quella di favorire comunque il danneggiato, agevolando la sua difesa nel giudizio risarcitorio, ma piuttosto quella – contrapposta -di evitare che il danneggiato agisca giudizialmente per il risarcimento e, comunque, di impedire che l’assicurazione possa essere considerata in mora.
Tratto da: www.laleggepertutti.it